L’evoluzione della musica elettronica in Italia dal 1980 ad oggi

Dagli albori dell’Italo Disco alle sperimentazioni contemporanee, la musica elettronica italiana ha attraversato un percorso ricco di trasformazioni. Questo articolo ne ripercorre le tappe fondamentali, esplorando generi, artisti e innovazioni che hanno definito un panorama sonoro unico e in continua evoluzione.

Le radici pionieri ed esperimenti pre-1980

Per comprendere appieno l’evoluzione della musica elettronica in Italia a partire dal 1980, è fondamentale volgere lo sguardo al passato. Già agli inizi del XX secolo, i Futuristi, con figure come Francesco Balilla Pratella e Luigi Russolo, gettarono le basi per la sperimentazione sonora, teorizzando l’impiego del rumore come elemento musicale. L’Intonarumori di Russolo, uno strumento per produrre rumori, fu un esempio concreto di questo nuovo modo di concepire il suono, come approfondito da tonyface. Nel secondo dopoguerra, istituzioni come lo Studio di Fonologia Musicale della Rai di Milano (1955), fondato da Luciano Berio e Bruno Maderna, divennero cruciali per lo sviluppo della musica elettroacustica, ispirando la ricerca a livello mondiale.

Il contributo fondamentale delle donne

Un aspetto spesso trascurato di quest’epoca pionieristica è il ruolo cruciale delle donne. Doris Norton, ad esempio, intraprese la sua carriera solista nel 1980, distinguendosi per la sua maestria nell’uso di sintetizzatori e tecnologie digitali, tra cui il Fairlight CMI, uno dei primi campionatori digitali. Un’altra figura di spicco fu Teresa Rampazzi, fondatrice del gruppo Nuove Proposte Sonore (NPS) e tra i primi in Italia a utilizzare il computer nella composizione musicale, realizzando brani come “Computer 1800” (1972). A lei si deve anche la prima cattedra di Musica Elettronica al Conservatorio di Padova, nel 1972. Queste artiste, insieme a nomi come Hilda Dianda, Franca Sacchi e Daniela Casa, sfidarono le convenzioni e contribuirono a plasmare l’identità unica della musica elettronica italiana.

Gli anni ’80 Italo Disco, Synthpop e la scena underground

Il decennio degli anni ’80 segnò un punto di svolta. Da un lato, l’Italo Disco conquistò le classifiche internazionali con ritmi ballabili, melodie orecchiabili e un uso massiccio di sintetizzatori. Giorgio Moroder, con successi come “I Feel Love” per Donna Summer, fu uno dei protagonisti indiscussi di questa ondata. Parallelamente, una scena più sperimentale e underground continuava a crescere, esplorando sonorità ambient, minimaliste e influenzate dal free jazz. I Krisma, un duo composto da Maurizio Arcieri e Christina Moser, che fondeva synthpop con elementi sperimentali e a tratti assurdi, rappresentano un esempio emblematico, così come Gigi Masin, un pioniere dell’ambient.

Il fenomeno Afro/Cosmic

Un fenomeno tutto italiano di questo periodo fu la scena Afro/Cosmic, sviluppatasi attorno a club come la Baia degli Angeli e il Cosmic. DJ come Daniele Baldelli e Mozart diedero vita a uno stile eclettico che mescolava disco, funk, musica elettronica, percussioni africane e molto altro, sperimentando con tecniche avanzate di equalizzazione e velocità di riproduzione dei dischi (come i 45 giri riprodotti a 33 giri). L’Afro/Cosmic non fu solo un movimento musicale, ma anche un fenomeno culturale, con uno stile e un’atmosfera distintivi, che radunava migliaia di persone.

Dagli anni ’90 ad oggi diversificazione e influenze globali

Gli anni ’90 videro l’esplosione della musica dance elettronica a livello globale, e l’Italia non fece eccezione. L’Eurodance, con gruppi come gli Eiffel 65 e il loro successo planetario “Blue (Da Ba Dee)”, raggiunse vette di popolarità internazionale. Contemporaneamente, la scena sperimentale continuò a evolversi, con artisti che esploravano generi come la techno e l’ambient. Roma si affermò come un centro nevralgico, soprattutto per la ricerca e la sperimentazione musicale, con figure come Nottoli, Lupone e Di Scipio. Con l’arrivo del nuovo millennio, la musica elettronica italiana si è ulteriormente diversificata e globalizzata. I Planet Funk, ad esempio, hanno saputo combinare l’elettronica con il rock e altre influenze. Allo stesso tempo, una nuova generazione di produttori e DJ, come Stylophonic, ha continuato a innovare e a spingere i confini del genere.

Un panorama sonoro in evoluzione

Oggi, la musica elettronica italiana si presenta come un panorama ricco di sfaccettature e vitalità. Artisti come Populous, Jolly Mare, Go Dugong e Whitemary rappresentano una nuova ondata di creativi che stanno sviluppando un’identità propria, senza limitarsi a imitare le tendenze estere. La scena elettronica italiana è in crescita, ma cerca ancora una sua identità ben definita. Tuttavia, non mancano le sfide, come la scarsa attenzione da parte dei media italiani e una cultura dei club meno sviluppata rispetto ad altri paesi. Nonostante ciò, l’ottimismo cresce, così come l’interesse internazionale per la musica elettronica made in Italy.

Il Caso Sanremo

Il Festival di Sanremo, la più importante manifestazione musicale italiana, non è tradizionalmente considerato un palcoscenico per la musica elettronica pura. Tuttavia, nel corso degli anni, elementi elettronici si sono fatti strada, seppur in forme a volte più discrete. Già nel 1976, si potevano sentire sintetizzatori in “Volo AZ504” di Albatros e Toto Cutugno, con synt che creavano un’atmosfera quasi drammatica. Negli anni ’80, Al Bano & Romina Power usarono arrangiamenti con influenze del Munich disco sound di Giorgio Moroder in “Felicità” (1982). I Matia Bazar, con “Vacanze Romane” (1983), presentarono un brano considerato un manifesto del technopop italiano, con un uso massiccio di sintetizzatori e drum machine, suonati da Mauro Sabbione e con la supervisione di Roberto Colombo. Più recentemente, artisti come Bluvertigo, con “L’assenzio” (2001), e Soerba, con “Noi non ci capiamo” (1999), hanno portato l’elettronica a un livello superiore, con arrangiamenti complessi e un uso più sperimentale delle tecnologie. Questi esempi, pur rappresentando una tendenza minoritaria a Sanremo, dimostrano il potenziale del genere.

Il futuro formazione e innovazione

La musica elettronica italiana continua a evolversi, e la formazione gioca un ruolo sempre più importante. Istituzioni come il Dipartimento di Musica e Nuove Tecnologie (METS) del Conservatorio di Cuneo offrono corsi di laurea in musica elettronica e ingegneria del suono, contribuendo a formare la prossima generazione di musicisti e produttori. Questo tipo di investimenti, uniti alla passione e alla creatività degli artisti italiani, lasciano ben sperare per il futuro.

Un’eredità sonora

Il viaggio della musica elettronica italiana, dai primi esperimenti al suo impatto globale, è una storia di innovazione, perseveranza e una costante ricerca di nuovi paesaggi sonori. Dal lavoro pionieristico dei precursori alla scena multiforme di oggi, la musica elettronica italiana ha dimostrato la sua capacità di adattarsi, rinnovarsi e influenzare la scena musicale globale. La scena italiana, come descritto in dettaglio da Nina Protocol, si distingue per la sua capacità di fondere influenze diverse, creando un suono unico e riconoscibile, che si tratti di Caterina Barbieri con le sue composizioni modulari, o di Gigi Masin con la sua ambient senza tempo. Con una ricca storia e un futuro promettente, la musica elettronica italiana continua a affascinare e ispirare, e la sua eco risuonerà a lungo nel tempo.


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